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Verginità Rapite, romanzo di Ismete Selmanaj Leba

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96c2ce0d9a65770c90d6dda532526011 XLUn brano di "Verginità Rapite" sulle atrocità della guerra in Kossova

Nuria era la madre di quattro figli, tre maschi e una femmina. La bambina aveva dodici anni e i maschietti dieci, sei e tre anni. Viveva con il marito e i suoceri in un villaggio del Kosovo. Erano semplici agricoltori e vivevano con quello che dava la terra e il bestiame. Quando le forze paramilitari serbe entrarono nel villaggio non avevano fatto in tempo a fuggire. La polizia serba prese tutti, tranne la donna e la bambina, e li fece legare nel cortile davanti alla casa. Cominciarono a violentare davanti a tutta la famiglia Nuria e la bambina. Il marito di Nuria e suo suocero cercarono in tutti i modi di farli smettere, pregandoli di lascarle in pace, ma erano legati e non potevano fare niente. Furono picchiati con dei bastoni, e con tutto quello che agli aguzzini capitava tra le mani. La suocera di Nuria chiuse gli occhi per non guardare l’orrore davanti a sé e i tre bambini, terrorizzati, piangevano e urlavano. Nuria supplicò i suoi vessatori di smettere e di lasciare la bambina ma loro come delle bestie feroci continuarono a violentarla ridendo e prendendoli in giro. La bambina urlava chiedendo aiuto ma loro non si fermarono e continuarono a violentarla brutalmente. Andò avanti così per due giorni. Il terzo giorno tagliarono la gola ai tre maschietti costringendo gli altri a guardare mentre lo facevano. Non servirono a niente le suppliche di Nuria e di suo marito di lasciare i bambini e uccidere loro. Lasciarono che guardassero per un altro giorno i corpi dei bambini assassinati e l’indomani uccisero il resto della famiglia lasciando solo Nuria e sua figlia. Continuarono a violentarle in tutti i modi, finché un giorno Nuria non si mosse più. Poi, gli aguzzini partirono di fretta perché si stava avvicinando l’Esercito di Liberazione del Kosovo. Forse erano convinti che Nuria fosse morta. Quando alcuni abitanti del villaggio, in fuga verso il confine dell’Albania, la trovarono nel cortile di casa: era in gravissime condizioni. I contadini seppellirono velocemente tutti i morti nel cortile di casa e portarono con loro Nuria, arrivando in Albania. Essa sperava che la bambina si fosse salvata, ma gli abitanti del villaggio che la trovarono dissero che era morta come il resto della famiglia. Nuria non sapeva di essere incinta e Mira non le disse niente. Dopo due settimane subì un aborto spontaneo. Con tutto quello che aveva passato Mira si aspettava che ciò accadesse.
Quando la guerra finì e i kosovari tornarono a casa trovarono tutto distrutto. Partirono anche Mira e Nuria per il Kosovo insieme a molte altre donne. Era la prima volta che Mira andava in Kosovo e nel nord dell’Albania. Le strade erano in condizioni deplorevoli, anche i carri facevano fatica ad avanzare. Interi villaggi erano stati abbandonati e le poche famiglie rimaste erano in balia del destino. Mira seppe poi che questi villaggi, paragonabili a villaggi del Medioevo, erano destinati agli internati del regime comunista. Forse è peggio del Medioevo, pensò Mira guardando le baracche isolate in questi posti dimenticati da Dio. Era inimmaginabile che in queste baracche, solo pochi anni prima, vivessero intere famiglie con bambini piccoli.
Dio mio! pensò Mira, Perché hai dimenticato l’Albania e gli albanesi? Forse perché qui sono state violate e distrutte le chiese e le moschee? Nessuno chiese l’opinione della gente quando saccheggiarono i luoghi di culto, anche se tutto fu fatto nel nome del popolo! Ma tu, mio Signore, non sei vendicativo! Così diceva sempre la nonna Zara. Ma allora perché agli albanesi e all’Albania è riservata tutta questa sofferenza?
Fino a poco prima Mira si trovava in una fortissima e violenta contraddizione interna con la fede e la religione. Queste domande l’avevano sempre turbata e non riusciva a darsi delle risposte ragionevoli. Era molto stanca di tutta questa violenza che aveva visto e subìto. Alla fine, crescendo e maturando, riuscì a dare delle risposte alle sue domande. Non era Dio che aveva abbandonato gli albanesi, ma, una parte di loro che, non ascoltando la parola di Dio, aveva commesso atti contrari a Lui.
Quando arrivò in Kosovo Mira vide terrorizzata la scia di distruzione e il sangue che la polizia serba si era lasciata alle spalle. Le case erano quasi tutte bruciate e si trovavano corpi senza vita dappertutto. L’odore pesante dei corpi in decomposizione era insopportabile. Mira accompagnò Nuria fino alla sua casa che era tutta bruciata. Nuria si inginocchiò davanti alle rovine. Alla fine del cortile si distinguevano i mucchi di terra dove gli abitanti del villaggio avevano sepolto frettolosamente i membri della famiglia. Nuria si avvicinò e cominciò ad accarezzare il suolo. Mira la lasciò piangere e poi le si avvicinò e l’aiutò ad alzarsi. Era necessario seppellire nuovamente queste persone con dignità ma Nuria non doveva stare lì. Sarebbe stato un dolore immenso per lei vedere i corpi dei suoi figli in decomposizione. Mira la portò in un’altra casa vicina che non era crollata. In questa grande casa, dove una volta abitavano 18 persone, erano rimasti in due: una donna di 70 anni e il nipote Kreshnik di 4 anni. Si erano salvati dalla morte certa perché, la notte dell’incursione da parte delle forze paramilitari serbe, erano andati in visita dai parenti che abitavano in un altro villaggio. La nonna settantenne riponeva nel suo nipotino una speranza futura: la conservazione del nome della loro famiglia. La famiglia di Nuria, invece, era stata cancellata per sempre.

Un brano del mio romanzo Verginità Rapite - Bonfirraro Editore. Con rammarico ho notato che in Italia c’è la tendenza di negare le atrocità di Milošević e delle sue milizie in Kosovo. Negare il genocidio e la pulizia etnica dei kosovari alla loro terra, alla loro casa, è come se uccidessimo un’altra volta le centinaia di migliaia di vittime innocenti.

KERKO

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